Questo "pezzo" l'ho scritto a fine ottobre scorso, quando ancora non avevo aperto questa "finestra".
L'ho già condiviso a suo tempo sulla mia pagina Fb.
Mi sembra però importante condividerlo anche qui.
Anche perchè l'ho scritto all'inizio del mio percorso di Radioterapia. Con oggi ho finito! Si sono alla 38^ su 38!
E poi?
Non lo so... dovrò aspettare di smaltire un po' di radiazioni prima di ritornare a fare tutte le analisi e tutti gli accertamenti del caso...
Per ora l'obbiettivo è rimettersi.
Poi vedremo!
26 ottobre 2020
Nelle sale d’aspetto dei reparti di terapia oncologica c’è sempre una strana atmosfera.
Ognuno intento a combattere contro il proprio mostro.
Si guarda intorno, alla ricerca di complicità.
Si incrociano gli sguardi. Alcuni rassegnati, altri sconfitti ed altri ancora terrorizzati.
Si sta in silenzio. Si ascoltano i rumori provenienti dalle stanze dove si fa terapia.
Gli operatori cercano di mascherare l’immane fatica di convivere ogni giorno con la sofferenza degli altri, con sorrisi, battute e leggerezza.
È dura ma in quelle stanze sanno di essere l’unica ancora, non di salvezza, ma di speranza.
Dopo un po’ che frequenti questi ambienti, riconosci la gravità della cosa dalla loro gentilezza. È proporzionale. Più sono gentili e più sai che la tua situazione è grave.
Io, spero sempre di essere “maltrattato”!
Fra i pazienti ci sono i “nonni”, quelli a fine ciclo... che come in caserma, guardano quelli appena arrivati, le “burbe”, con un ché di superiorità... non è cattiveria. È aggrapparsi ad un qualsiasi appiglio.
Ci sono a volte, giornate dove qualche temerario cerca di interrompere il silenzio. Allora emergono altri aspetti sociali. Interessanti. Ci si racconta.
Di frequente, per vincere la paura ed esorcizzare il male, cerchi nelle frasi degli altri una gravità che non ti appartiene. Altre volte arrivi quasi a vantarti del tuo malessere perché è vero che se siamo lì, siamo “tutti nella stessa barca” ma... loro, i tuoi compagni di disavventura, non sanno di quanto tu stai male... loro li vedi, sono lì a cercare di stare bene... mentre tu.... ma in fondo sai che non esiste una unità di misura per misurare l’incubo chiamato “tumore”.
Ognuno ha la propria.
Cerchi negli sguardi un qualcosa del passato di tutti... del presente e delle cose in sospeso.
C’è chi reagisce e sopporta tutto per la voglia di vivere.
Altri lo fanno per gli altri. Altri ancora perché gli hanno detto che bisogna farlo e basta. Alcuni, pochi, hanno il coraggio o la follia, di interrompere e lasciare andare le cose per il loro corso.
Nessuno può biasimare nessuno.
Chi lo fa, lo fa solo per soddisfare un proprio bisogno...
Oggi una donnina di un’età quasi biblica, chiedeva, anzi implorava di smettere. Che voleva tornare a casa. La figlia chiedeva lei di resistere e sopportare tutto per le nipoti... gli occhi della nonnina in quell’istante si sono spenti, in una rassegnazione lugubre.
Nelle sale d’aspetto dei reparti di terapie oncologiche, si vive in una sorta di democrazia ideale... non ci sono differenze anagrafiche, socio/economiche, culturali, ideologiche. Neanche religiose. Anzi quest’ultime resistono solo se evidenti. Se ostentate. Così come restano quelle epidermiche. Come se un’orientale, un balcanico o uno di colore fossero lì a “rubare” il posto a qualcuno.
Molto probabilmente sarebbero ben lieti di lasciarlo, quel posto.
Nelle sale d’aspetto dei reparti di terapia oncologica c’è sempre una strana atmosfera, insieme ad uno strano odore.
E solo chi l’ha respirato o lo sta respirando, sa che quell’odore, una volta che ti ha occupato le narici non se ne andrà più.
A volte lo senti anche di notte, mentre dormi. E si trasforma in incubo.
Altre con la consapevolezza che quell’odore è abbinato al tuo tentativo di esistenza. Ti manca. E lo cerchi.
Nelle sale d’aspetto dei reparti di terapia oncologica c’è sempre una strana atmosfera.
Io la chiamo complicità della paura.
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